Parliamo di Attacchi di Panico

Che cosa è? Perché arriva? A chi chiedere aiuto?

Che cos’è un Attacco di Panico?

Le persone che lo hanno vissuto almeno una volta ne parlano come di un’esperienza bruttissima, in cui improvvisamente hanno perso la percezione del tempo e il controllo del proprio corpo credendo che stesse accadendo loro qualcosa di molto brutto, che potessero impazzire e addirittura morire.

Il Disturbo di Attacco di Panico (DAP) ha in comune con gli altri Disturbi d’Ansia una matrice ansiosa fortemente condizionante, ciò nonostante va considerato come un disturbo a sé stante con caratteristiche proprie e sintomi definiti.

In effetti quello che rende l’attacco di panico particolarmente invalidante, rispetto agli altri disturbi d’ansia, è soprattutto la tipologia e l’intensità della sintomatologia che si verifica a livello corporeo durante l’episodio: seppur l’attacco di panico può essere considerato una crisi d’ansia esso si verifica in maniera molto più intensa e pervasiva e anche se solitamente è di breve durata viene vissuto invece come un tempo estremamente lungo e terrificante, durante il quale la persona può anche arrivare a temere per la propria vita.

La particolarità del quadro diagnostico del disturbo da attacchi di panico deriva dalla numerosità dei componenti in gioco che includono reazioni fisiologiche (tachicardia, tremori, affanno, annebbiamento della vista, sudorazione), emozioni (paura, ansia, preoccupazione, vergogna, imbarazzo, insicurezza), pensieri (aspettative, credenze, convinzioni, predizioni) e comportamenti(evitamento).

Prima di tutto è bene precisare che il disturbo da attacchi di panico non è una malattia, né organica né tantomeno psichiatrica. La sua origine è da attribuirsi a un sentimento universale, l’Ansia, che in alcune persone, soprattutto se abituate a mantenere un rigido controllo di loro stesse e delle loro emozioni, può raggiungere livelli quantitativi elevati che improvvisamente si palesano in forti manifestazioni somatiche. Gli attacchi di panico producono un forte disagio e stress ma non minacciano la vita della persona, anche se i dolori e le sensazioni avvertite sono spesso scambiate per un attacco di cuore, perdita di controllo, diventare pazzi, non è così.

Sicuramente però i vissuti che ne generano sono molto spiacevoli, ci si può sentire vulnerabili e confusi, ma ciò che risulta particolarmente preoccupante per le persone che ne soffrono è l’aspetto dell’imprevedibilità. Vale a dire che un attacco di panico può insorgere in situazioni apparentemente calme e non pericolose, ad esempio mentre si è in ufficio, al supermercato, in macchina o nella metro.

Le conseguenze psicologiche di questa situazione sono una sensazione generale di precarietà che può portare a uno stato di apprensione e ansia che non fa altro che alimentare le probabilità di un nuovo attacco, dando così vita a un circolo vizioso in cui si tende ad evitare tutte quelle situazioni che si credono predisponenti a un attacco di panico o che comunque lo renderebbero di difficile e imbarazzante gestione, “non ci vado perché c’è troppa gente”, “perché è un posto chiuso e poi non potrei uscire”, “perché non ci sarebbe nessuno a cui chiedere aiuto”. Questo comportamento di evitamento, alla lunga se non contenuto può arrivare a strutturarsi in vere e proprie fobie.

Tutto ciò può arrivare a limitare sensibilmente l’autonomia personale e le normali abitudini di vita, contribuendo ad alimentare vissuti depressivi e sensazioni di impotenza e inadeguatezza.

Qual è la via di uscita possibile?

In fase acuta del problema un supporto farmacologico momentaneo, se adeguatamente prescritto e monitorato, può risultare molto efficace, ma per una gestione a lungo temine della situazione è necessario farsi carico di ciò che è sottostante all’attacco di panico: le nostre emozioni.

Secondo la Psicologica Umanistica Esistenziale l’attacco di panico può essere considerato un modo che l’organismo trova per segnalare alla coscienza che c’è qualcosa di “scomodo”, dei contenuti emotivi ingombranti che non possono più essere ignorati e richiedono attenzione.

In effetti da numerose ricerche sull’argomento si è potuto costatare che ciò che accomuna le persone che soffrono di questo disturbo e che esse tendono a prediligere la razionalità, sono poco in contatto con i loro vissuti emotivi e di conseguenza difficilmente sono pienamente consapevoli dei loro sentimenti profondi e quando essi emergono non riescono a gestirli, il che li fa oscillare tra un costante controllo emotivo e l’esserne improvvisamente sopraffatti.

Affrontare gli attacchi di panico con l’aiuto di uno psicologico vuol dire non solo sviluppare tecniche per la gestione dell’ansia e di autorilassamento, ma anche incrementare la propria conoscenza e capacità di gestione delle emozioni, soprattutto di quelle sgradevoli come paura, tristezza e rabbia. Saper stare in contatto con i vissuti emotivi vuol dire raggiungere una consapevolezza personale decisiva se si vuole avere una vita gratificante in cui operare scelte e pianificare obiettivi.

Dott.ssa Ilaria Fontana

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